Tra spada e VangeloI cavalieri Templari in Sardegna | |
In questi mesi in cui il Consiglio delle Nazioni Unite ha votato la moratoria sulla Pena di Morte, ricorre il settecentesimo anniversario di un avvenimento drammatico: uno dei primi processi politici nella storia dell’Europa, quello contro l’Ordine dei Cavalieri Templari. Processo che ebbe un epilogo anche in Sardegna: il 12 agosto del 1308 papa Clemente V da Poitiers comandava l’Inquisizione sarda e il clero di sottoporre a inchiesta i Templari nei giudicati di Torres, Arborea e Cagliari. Vari documenti vaticani testimoniano che l’Ordine dei frati guerrieri ebbe nell’Isola un ruolo non indifferente in ambito religioso e politico. Nondimeno, la sua vicenda è pressoché sconosciuta. Agli inizi del XIII secolo
bisogna guardare per trovare notizie sicure della loro presenza
nell’Isola. La
prima attestazione sicura è in una lettera
del 1220 circa, dove il gran priore italiano Giovanni Lombardo
(1218-1222) si firmava "magister
Templariorum Rome et Tuscie, et Sardinie". Comunque, a
partire da quella data seguì altra documentazione, fino ad arrivare al
citato mandato di arresto del 1308. Tuttavia, si tende ad anticiparne l'arrivo a 50-60 anni prima,
quando nei documenti fanno una fugace apparizione ignote figure come «Iohanne
dessu Templu», «donnu Furatu Solina, prebiteru dessu Templu»,
mentre si ha un cenno al «Templu de Santa Corona», nell'attuale
Riola Sardo (Or). Riferimenti troppo scarsi per poter indirizzarli al
glorioso ordine cavalleresco. Agli albori del XIII
secolo un altro gran priore italiano, Alberto, aveva ricevuto l’incarico
da papa Innocenzo III di raccogliere i tributi che le parrocchie della
Sardegna inviavano alla Santa Sede. È presumibile che all'epoca
nell'Isola fosse nata qualche fondazione templare – la ricerca ha oggi
definitivamente confermato che in Sardegna complessivamente non vi furono
più di due domus ed una decina scarsa di chiese minori, nonché
interi latifondi agrari e forestali - e che tale magister potesse
fare assegnamento su quelle durante la sua missione. Insediamenti
sicuramente attivi nel giugno 1249, quando papa
Innocenzo IV si rivolgeva ai «Fratribus militie Templi per Sardiniam
constitutis», per chiedere di prestare il loro appoggio ad un suo
rappresentante nell'Isola, nella lotta contro i partigiani sardi
dell’imperatore Federico II di Svevia. La presenza di cavalieri è ulteriormente attestata dalla
lettera pontificia dell'8 agosto 1255, che esonerava gli ordini
Cistercensi, Templari e degli Ospitalieri di San Giovanni e di Altopascio,
presenti nell'Isola dal versamento di contributi. Un analogo privilegio fu
loro accordato nel 1264, quando papa Urbano IV, esentava i Templari e i
Cistercensi della Sardegna da un’altra particolare imposta. Al contrario, nel giugno 1289, papa Nicolò IV chiedeva
ai Templari presenti a Pavia, Piacenza, Castellone e in Sardegna di
versare decime triennali alla Santa Sede. Vari indizi, comunque, fanno ritenere che alla seconda
metà del XIII secolo sino agli inizi del successivo erano presenti
nell'Isola pochissimi monaci, tanto che per rimpolpare i già pochi
priorati vi vennero inviati frati templari italiani e francesi, colpevoli
di misfatti o gravi mancanze che mettevano a rischio l'incolumità
dell'Ordine. E nel 1309, facendo seguito proprio alla citata disposizione
vaticana sulle inquisizioni, l'inquisitore per la Sardegna scriveva al
papa che nell'Isola non vi erano Templari da processare. Intanto, con la caduta di San Giovanni d'Acri, ultimo
avamposto crociato in Terrasanta, nel 1291 il Regno latino d'Oltremare
scompariva per sempre. I grandi favori e il
consenso di cui l’Ordine
beneficiava, sfumarono lentamente e
iniziarono a diffondersi critiche, alcune non nuove, che addebitavano loro
avidità, arroganza, per attività compiute esclusivamente a proprio
vantaggio ma, soprattutto, con disprezzo per la Fede cristiana e la causa
della riconquista del Santo Sepolcro. In questa situazione il re di
Francia Filippo IV il Bello, il 13 ottobre 1307 fece arrestare tutti i
Templari presenti nel suo regno, con l’accusa di eresia. Il monarca
francese – facendo
leva sul disagio diffuso tra i sovrani d'Occidente per un'istituzione
ricca, potente e largamente indipendente che ingombrava i loro regni senza
più uno scopo riconoscibile e condivisibile – riusciva
a far avviare in tutti i paesi cristiani processi sulla base di vari capi d'accusa, incentrati su quello solito in tutte le cause
politiche dell’epoca, cioè il reato di eresia. Il papa, fra esitazioni e incertezze – in fondo il
Tempio era un ordine religioso, e, come tale, dipendente solo dalla Santa
Sede, non certo dal potere politico – emanava varie disposizioni, tra
cui quella già vista del 1308 sui processi ai Templari da istruire in
tutte le diocesi della Cristianità, comprese quelle sarde. Nel mentre, nel castello di Chinon, presso Poitiers, in
Francia, nell’agosto 1308 l’intero stato maggiore dell’Ordine del
Tempio veniva assolto dall’accusa di eresia e reintegrato nella
comunione della Chiesa Cattolica: la relazione di quest’incontro è
riportata nella famosa “pergamena di Chinon” scoperta recentemente da Barbara Frale nell’Archivio Segreto Vaticano. Tra il 1309
e il 1311 vennero istruiti i processi anche in varie parti d'Italia. Non
stupisce che in Sardegna l'inquisitore abbia cercato inutilmente i
Templari, non riuscendo neppure a reclutare persone disposte a
testimoniare, e che perciò nell'Isola non si verificasse una vera e
propria persecuzione dei cavalieri, in quanto ve n’erano oramai pochi.
Inoltre, i loro beni sardi nel 1308 erano
stati affidati al diretto controllo dell’arcivescovo d'Arborea e del
vescovo di Bosa; in seguito, vennero dispersi tra varie entità, qualcuno
incamerato nei beni vescovili, qualcun altro forse giunse agli
Ospedalieri. Si arriva perciò al grande Concilio di Vienne, in
Francia, negli anni 1311-12, durante il quale Clemente V il 3 aprile del
1312 con la bolla "Vox in Excelso" aboliva l'Ordine per sempre
senza sentenza del tribunale, per via amministrativa, escludendo una
condanna per eresia nei confronti dello stesso. Infatti, un brano della
lettera papale riporta: «non con sentenza giuridica, ma con
provvedimento apostolico, noi, con l'approvazione del Santo Concilio,
sopprimiamo l'Ordine dei Templari da ogni funzione, la sua regola, il suo
abito e il suo nome, con decreto assoluto, perenne, proibendolo per sempre
e vietando severamente che qualcuno, in seguito, entri in esso, ne assuma
l'abito, lo porti, e intenda comportarsi da Templare». Qualche
settimana più tardi, il pontefice devolveva tutte le proprietà del
soppresso Ordine agli Ospedalieri di Gerusalemme. Finiva così, in maniera
ingloriosa, un Ordine religioso che aveva fatto del sacrificio personale e
della fede una ragione di vita. Massimo Rassu |
L'articolo ne L'Unione Sarda, 26 Gennaio 2008, p. 31, inserto "Il Sabato" (cliccare sopra per scaricare la versione leggibile) . |