LA CHIESA DI S.MARIA DI UTA FU COSTRUITA DAI TEMPLARI ?

 A mezzo chilometro dalla periferia orientale di Uta, trovasi la chiesa romanica di S.Maria. Benchè di dimensioni medie e nonostante la sua bellezza artistica, non se ne conosce l'origine. La prima menzione risale al 1363, in cui si accenna alla sua appartenenza, negli anni a dietro, all'ordine cavalleresco degli Ospedalieri di S.Giovanni di Gerusalemme, attuale Ordine di Malta. L'ingegner Dionigi Scano parlava di "oscurità più assoluta", anche se lo storico seicentesco Giorgio Aleo l'attribuì ai benedettini di S.Vittore di Marsiglia. Le pareti della chiesa, inoltre, sono prive di qualsiasi documento epigrafico, tranne due croci "templari" ed un simbolo di difficile interpretazione. Infatti su un concio a sinistra dell'ingresso meridionale, si trova incisa una croce "patente" fiammata, già citata dal dott. Roberto Coroneo nel suo ultimo studio sulle chiese romaniche della Sardegna. La costruzione della chiesa fu forse effettuata alla fine del XII secolo o nei primi anni del successivo, coeva quindi alla cattedrale di S.Maria di Tratalias, eretta nel 1213: infatti per le chiese romaniche sarde a carattere lombardeggiante, nelle quali affiorano elementi gotici, si può ritardaere la cronologia adottata dallo Scano, spostandola tra la fine del sec XII e la prima metà del XIII. La chiesa attuale sorse in realtà sulle rovine di un'altra più antica e di più modeste proporzioni, anche se a due navate, costruita molto probabilmente dai vittorini di Marsiglia, così come voleva la tradizione, già ricordata anche dall'Aleo; le sue tracce furono scoperte dall'arch.Osvaldo Lilliu durante recenti lavori di restauro.

Ma se i Vittorini non costruirono S.Maria di Uta, chi furono i costruttori? Su questo si interroga anche lo Scano:" .. a quali artefici dobbiamo l'erezione di questa pregevole chiesa d'architettura frammentaria?". La mescolanza di linee architettoniche toscane ad elementi ornamentali d'arte lombarda, nonchè araba, hanno fatto pensare a più studiosi all'ipotesi della partecipazione di più architetti alla realizzazione del manufatto, oppure ad una suddivisione del lavoro effettuato da maestranze migratorie. L'architetto Maria Freddi inoltre ricordava una antica leggenda che attribuisce all'acqua del pozzo, nel recinto del camposanto, virtù miracolose: infatti "un cavaliere sconosciuto, gigantesco e nero" avrebbe indicato ad un infermo proprio l'acqua della polla per la guarigione; cosa che avvenne, per cui da allora nelle popolazioni dei dintorni è rimasta viva la tradizione sulle acque curative del santuario, ed ogni anno vi è il consueto pellegrinaggi di ammalati in occasione della festa dell'8 settembre.

Se è vero che in Sardegna è diffusa la fama sulle acque medicamentose, e infatti molte sorgenti sono chiamate "S'Abba Meiga", oppure "Sa Funtana de sos Malavidos", perchè mai nel caso di S.Maria di Uta la tradizione popolare l'ha voluta associare al cavaliere nero? Questo cavaliere di cui parla la leggenda non potrebbe essere un Templare? Infatti, proprio i templari che si dedicavano alle cure degli infermi indossavano proprio un mantello nero.

Nella lesena di sinistra dell'abside vi è una seconda croce, di forma nettamente diversa dalla precedente, presentandosi come la classica croce delle "otto beatitudini", il cui significato risiede nell'utilizzo che i costruttori ne facevano come incassatura a coda di rondine per tenere insieme due legni o due pietre a modo di giunto. Questa croce potrebbe richiamare l'articolo ottavo della terza parte dello Statuto del Tempio voluto dal gran maestro Roncelin, per il quale:" Nel luogo in cui costruite dei grandi edifici fate dei segni di riconoscimento". Inoltre, il Sinodo di S.Giusta, nel 1226 prescriveva il divieto assoluto ai vari ordini religiosi di farsi crescere la barba, tranne che ai templari: a questo proposito un altro indizio si trova di sopra della lesena di destra dell'abside, su una mensola a sostegno del solito fregio ad archetti, dove è raffigurata la testa di un uomo barbuto, che la tradizione vuole sia il monaco costruttore della chiesa. Bisogna ricordare che questo Ordine si serviva di una confraternita di costruttori denominati "Figli di Salomone", creata dallo stesso S.Bernardo da Chiaravalle, che si spostava da una commenda all'altra, ove la necessità del servizio lo richiedeva.

La mancanza di notizie e l'oscurarità sui beni della chiesa, che destano perplessità in Giovanni Spano, può essere giustificata, se si ipotizza che S.Maria era il centro di più vasti possedimenti templari ad essa facenti capo e che questi vennero incamerati dalla potentissima famiglia dei Donoratico, nel 1312 alla soppressione dell'Ordine.

Accanto alla chiesa si rilevano i resti di un edificio a corte nel luogo tuttora chiamato "cungiau de corti", ove mexzzo dell'antico atrio del chistro esiste ancora un pozzo molto profondo realizzato interamente con pietre poste nella stessa maestria delle mura della chiesa. Al di sotto del pelo libero dell'acqua, su un concio della parete, è inciso il nome di Maria intrecciato (AVM), già presente sulla cornice che abbellisce l'arco di scarico della porta principale, nonchè su alcune mensole di sostegno del peduccio degli archetti. I resti di tali costruzioni sono di tale consistenza, da far pensare all'esistenza di un grosso complesso fortificato, tramandato dai toponimi Sa Turri e Sa Turritta, cioè ad una precettoria templare, così come si presenta nella sua forma classica: cappella. ospedale, gendarmeria, foresteria, etc.I cavalieri del Tempio erano presenti nel giudicato di Cagliari già dalla seconda metà del secolo XII, e nella stessa città di Cagliari avevano le chiese del Santo Sepolcro in Bagnaria e quella scomparsa di S.Nicola de Capitolium; mentre a circa Km 12 a Nord da Uta esisteva quella attualmente distrutta di S.Maria de su Templu, in agro di Villasor. Sempre nelle vicinanze della chiesa si ricordano le vestigia di abitazioni attribuite al villaggio medioevale scomparso di Uta Susso, alla quale apparteneva S.Maria. Ma se identifichiamo tutto il complesso in una precettoria, di cui S.Maria era la cappella, si può ipotizzare a un piccolo abitato, detto Uta Susso, per distinguerlo dall'attuale Uta chiamata anticamente Uta Josso, e sorto spontaneamente, così come tanti altri nell'isola attorno ad insediamenti monastici. Col sequestro, nel 1312, dei beni templari, S.Maria di Uta con tutte le sue pertinenze passò agli Ospedalieri Gerolosomitani. In seguito, nel 1327 Uta Susso fu infeudat dal re aragonese Alfonso a Berengario Carroz, e nel corso del secolo XIV si spopolò lentamente: ancora citato nel 1358, già nel 1363 si parla semplicemente della chiesa di S.Maria di Uta ormai abbandonata, probabilmente a causa della decadenza del complesso monastico. Qualche tempo dopo la chiesa, ormai abbandonata in mezzo ai campi incolti, fu assegnata ai Francescani, che vi portarono il culto di S.Maria de Monserrat. Infine nel XIX secolo venne adibita a cappella cimiteriale; a causa di ciò, il pozzo fu interdetto per questioni igieniche. Sino al secolo scorso inoltre, come riporta il dott. Coroneo, esisteva nelle campagne dei dintorni, la chiesa di S.Tommaso, che aveva caratteristiche architettoniche simili a S.Maria di Uta. Si può pensare che anche questa sia stata edificata dai cavalieri del Tempio, e dedicata a San Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury nel 1167, molto amico dei Templari, i quali fecero da intermediari fra lui ed il re Enrico II, riuscendo una prima volta a riconciliarli.

 

MASSIMO RASSU