QUANDO FU COSTRUITO S.FRANCESCO DI STAMPACE ?

 

Sino ad oggi la prima data certa che i frati Francescani ebbero proprietà in Stampace era data dall'atto di vendita nel 18 aprile 1275, di alcuni appezzamenti di terreno dal chirurgo Tancredi, medico di S.Restituta, a tale Periciolo, tutore degli stessi francescani. Tutti gli studiosi dal XIX secolo ad oggi, dal padre Vittorio Angius agli attuali docenti universitari ed esperti di Storia dell'Arte, hanno sempre considerato valida questa notizia, ed hanno fatto risalire il primo impianto della chiesa agli anni successi al 1275. Il rogito notarile è stato riportato dal frate Costantino De Villa, nel suo "I frati minori conventuali in Sardegna", alle pagine 576-577-578-579; l'autore specificava di aver potuto studiare non il documento originale, bensì una fedele copia cinquecentesca: il testo, infatti, è simile a tanti contratti commerciali pisani del XIII e del XIV secolo trascritti dal prof. Francesco Artizzu nel suo "Documenti inediti relativi ai rapporti commerciali tra Pisa e la Sardegna". Come in questi, il documento riporta i nomi dei contraenti, l'oggetto del contratto con la sua descrizione, i termini di pagamento, ma anche il luogo della stipula, la data e i nomi del notaio e dei testimoni che firmarono.

Proprio l'attenta analisi di questi ultimi, confrontati con quelli presenti nei documenti pubblicati dal prof. Artizzu, ha portato ad una interessante scoperta: l'atto del 1275 o è un falso oppure fu stilato nel 1316, ben 40 anni più tardi. Il documento si compone in realtà di due rogiti notarili entrambi datati 1275: il primo fu stilato da "Iacobo de Vitignano notaro" stando "in Castello Castri et solario domus haeredum Ario Dei (sic) quod est in Ruga Mercantorum"; nel secondo, stipulato "in Castello Castri in apoteca de tredio domus quodam Caulinj ... quae est antea Platea Communis dicti Castri", tra i testimoni compariva tale "Rusticello censale quondam Guidonis".

Un "Jacobo de Titignano notario scriba publico Comunis Castelli Castri" firmava un atto del 26 aprile 1316 (Artizzu, Documenti inediti, vol. I, doc. 79, pp. 133-136) ed altri atti del 1317 (Artizzu, Documenti inediti, vol. II, doc. 51, pp. 107-109; doc. 52, pp. 109-112; doc. 53, pp. 112-115), mentre nel 1318 era ormai nuovamente tornato in Toscana (Artizzu, Documenti inediti, vol. II, doc. 32, pp. 75-76; doc. 38, pp. 86-87). Potrebbe anche essere un omonimo.

Tale "Becti Caulini de Castello Castri" era ancora vivo nel 1321 (Artizzu, Documenti inediti, vol. II, doc. 57, pp. ), ma nel 1329 la sua casa, situata in Castello presso l'attuale Portico Vivaldi Pasqua, e quindi di fronte all'antica Platea Communis, apparteneva ai suoi eredi. Anche tale "Rustichello f. Guidonis Rustichelli" compare in un atto del 1316 stando, però, a Pisa (Artizzu, Documenti inediti, vol. I, doc. 78, pp. 130-133). Degli altri personaggi presenti come testi nei due atti di vendita non si sono trovati riscontri nei vari documenti esaminati. Ma quei tre che sono stati identificati sono sufficienti a mettere molti dubbi sull'autenticità della vendita del magistro Tancredi ai francescani: o l'atto fu veramente stilato nel 1316-1317 e poi retrodatato al 1275, oppure è un falso fabbricato a tavolino sulla falsariga di documenti autentici degli anni 1316-1321.

Sorge anche una seconda domanda: se il convento di S.Francesco di Stampace fu fondato intorno al 1275, perchè compare per la prima volta nei documenti solo nel 1317 (Artizzu, Documenti inediti, vol. II, doc. 10), 42 anni più tardi ?

Parlando delle origini del convento stampacino, ancora nel XIX secolo la tradizione popolare ricordava un antico monastero benedettino che fu poi rilevato dai Frati Minori, come riportava lo Spano: "Si vuole che dove sorse questa Chiesa Francescana, esistesse già un'altra Chiesa di Benedettini". Non vi sarebbe stato niente di male nell'acquistare una chiesa o un convento di un altro Ordine religioso, poichè nel medioevo era una prassi corrente. Perchè i Francescani fecero retrodatare dal 1316 al 1275, se non addirittura falsificare questo documento ? Forse entrarono in possesso delle strutture in maniera illegale, con una ruberia ? E' prematuro fornire risposte. Occorre ora verificare, con un'attenta analisi paleografica e stilistica, la dimensione della falsificazione.

Rimane comunque l'amaro in bocca, lo sconcerto per come vengono ancora effettuate le ricerche storiche sul nostro patrimonio culturale dai grandi "luminari" della scienza.

 

MASSIMO RASSU